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Megaupload: dalla nascita al lancio di ME-GA

Megaupload: dalla nascita al lancio di ME-GA
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Megaupload: dalla nascita al lancio di ME-GA

Megaupload: dalla nascita al lancio di ME-GA

Siamo vicini al lancio della nuova incarnazione digitale di Megaupload, ME-GA, pronto a sbarcare il prossimo 19 gennaio. Ma qual è la vera storia legata a uno dei più noti domini della Rete? Inizio e fine coincidono, almeno nelle date. Il 19 gennaio dell’anno scorso il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti dispone il sequestro del portale Megaupload, nato il 25 marzo del 2005. Un intervento motivato da “violazione dei diritti d’autore e pirateria”. Ma è stigmatizzabile in maniera così semplice la vicenda o c’è dell’altro dietro la sua chiusura? Megaupload ha rappresentato uno dei siti più popolati del Web, in cui ogni utente era libero di caricare o scaricare i file desiderati. Tra questi vi erano tanti prodotti musicali e pellicole cinematografiche.

L’utenza si articolava in soggetti registrati gratuitamente e Premium. Quest’ultimi dovevano corrispondere una quota di abbonamento mensile. Ai free user venivano assegnati dei limiti nella quantità di file che potevano scaricare o caricare, mentre i premium erano esentati da qualunque vincolo. Il successo di Megaupload era il risultato degli sforzi della società Megaupload-Limited, con sede ad Hong Kong.

I proventi generati erano il frutto esclusivo degli abbonamenti pagati dagli utenti premium. La forza dei grandi numeri ha condotto a profitti enormi. Secondo il Dipartimento di Giustizia USA, vi sarebbero stati 150 milioni di utenti registrati e 50 milioni di visitatori al giorno. Per avere un’idea delle proporzioni, si parla del 4% dell’intero traffico Web. Popolarità alle stelle.

Ma perché chiudere un portale dopo 7 anni di attività? Per molto tempo, malgrado fosse evidente a tutti l’utilizzo che gli utenti facevano della piattaforma, la giustizia statunitense non ha fatto nulla. E quindi cosa ha condotto all’intervento di chiusura? A molti osservatori non è sembrato un caso che proprio nel dicembre 2011, pochi giorni prima del sequestro, Megaupload avesse annunciato il servizio Megabox.

A cosa sarebbe servito Megabox? Un sistema di commercializzazione musicale che avrebbe limitato fortemente l’influenza delle case discografiche sugli artisti, spezzando il ruolo di intermediazione svolto da queste. Gli artisti avrebbero potuto divenire gli unici proprietari della propria opera, e i proventi generati, invece che rappresentare una minima percentuale di quanto incassato dalla casa discografica, sarebbero stati pari al 90% per ogni canzone scaricata da Megabox. Un processo completamente legale, visto che il musicista avrebbe sottoscritto un contratto con la società Megaupload-Limited.

I primi interessamenti all’iniziativa sono giunti da artisti di fama mondiale, quali Alicia Keys, SnoopDogg, Will.i.am, Kanye West. Attratti dalle prospettive di maggiori incassi e di un sistema privo di violazioni del diritto d’autore. Viene spontaneo immaginare che dietro all’azione del Dipartimento di Giustizia statunitense vi possano essere le ingenti influenze delle major discografiche (Universal MusicGroup, Sony BMG Music Entertainment, EMI Group e Warner Music Group).

La violazione perpetrata per ben sette anni non ha destato particolare preoccupazione, perché non veniva comunque toccato il core business delle grandi aziende discografiche e cinematografiche. Ma ad appena un mese dall’avvio di un progetto legale per la promozione musicale è scattato l’alt della giustizia USA.

Ora che il progetto del nuovo Megaupload, denominato ME-GA, è vicino al lancio, in programma il 19 gennaio, vengono rispolverate le polemiche sul diritto d’autore. Ma gli utenti sono davvero informati sulla vicenda? Conoscono realmente gli interessi economici toccati dal fondatore Kim Dotcom. Nonostante la grande eco mediatica, pochi sono i soggetti consapevoli. Tanto rumore perché non si riesca a capire più nulla, tanta semplificazione a uso e consumo dei grandi potentati economici. 

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